Negli studi clinici i vaccini anti-COVID hanno dato prova di grande efficacia, ma cosa sta succedendo nel mondo reale? Roberto Burioni commenta la situazione israeliana.
Gli studi clinici hanno dimostrato, in un piccolo campione di persone, che i vaccini Pfizer e Moderna diretti contro COVID-19 sono sicuri ed efficaci. Ma cosa sta succedendo nel mondo reale? Con molte milioni di dosi somministrate, possiamo dire che la sicurezza è stata confermata. Le reazioni avverse grave sono state rarissime (intorno a 6 per milione) e prontamente trattate hanno permesso a chi ne aveva sofferto di non riportare conseguenze permanenti e di ritornare entro pochissimo tempo alla vita normale. Sotto questo punto di vista possiamo tirare un sospiro di sollievo. E credetemi: non è poco.
Per quanto riguarda l’efficacia, invece, ci vuole più tempo. Il vaccino offre la sua completa protezione sette giorni dopo la seconda dose, il che significa 28 giorni dalla prima dose per Pfizer e 35 giorni dalla prima dose per Moderna. Dagli studi clinici sembra che una protezione, difficile da quantificare, sia presente anche 12-15 giorni dopo la prima dose per entrambi i vaccini.
Israele in testa
In questo momento il Paese più avanti nelle vaccinazioni è Israele, e non vi nascondo che ogni mattina io osservo i dati che provengono da quel Paese per trovare qualche spunto. Chiaramente ancora è troppo presto per trarre conclusioni certe, ma iniziano ad arrivare dati che – pur parziali, pur incompleti, pur ben lontani da essere conclusivi – sembrano molto incoraggianti.
L’ultimo è quello che riguarda i sanitari israeliani. Come sapete, i sanitari sono da un lato quelli più esposti al contagio, dall’altro i primi a essere vaccinati. In Israele la loro vaccinazione è iniziata il 20 dicembre, per cui possiamo immaginare che qualcuno di loro possa avere raggiunto l’immunità, almeno parziale.
La linea azzurra indica i casi registrati ogni giorno in Israele. La linea verde le giornate di lavoro perse dai medici. Come vedete le due curve nella prima ondata vanno insieme, nella seconda sono profondamente separate. Posto che correlazione non significa rapporto di causa-effetto, siamo autorizzati a sperare che questo calo possa essere dovuto al fatto che i medici sono i primi a risentire in modo benefico dell’effetto protettivo della vaccinazione, tenendo conto che generalmente dal contagio alla malattia, e quindi alla perdita di giornate di lavoro, passano 5-7 giorni. Niente di sicuro, ma un motivo concreto per essere molto cautamente ottimisti. Incrociamo le dita.
Roberto Burioni
Fonti:
https://twitter.com/segal_eran
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