È notizia di pochi minuti fa che il 29 gennaio EMA potrebbe autorizzare il vaccino Astra-Zeneca. Il farmacologo Carlo Centemeri ci parla del suo sviluppo.
Il vaccino AstraZeneca/Oxford/IRBM: AZD1222 è frutto di una ricerca che ha coinvolto Università di Oxford e la sua società spin-out, Vaccitech. Utilizza un vettore virale basato su una versione indebolita di un comune virus del raffreddore (adenovirus) che causa infezioni negli scimpanzé e contiene il “materiale genetico” che codifica per la proteina Spike del virus SARS-CoV-2. A seguito dell’inoculazione del vaccino nel soggetto sano, la proteina spike superficiale viene prodotta dall’organismo, stimolando il sistema immunitario ad attaccare il virus SARS-CoV-2 se in seguito infetta l’organismo.
L’analisi su 11.636 partecipanti provenienti da studi di Fase III di Regno Unito e Brasile condotti dall’Università di Oxford, ha mostrato che l’efficacia del vaccino è stata del 70,4% (intervallo di confidenza: dal 54,8% all’80,6%) nel prevenire COVID-19 sintomatico. Un endpoint di efficacia secondaria di prevenzione delle malattie gravi non ha dimostrato alcun caso di infezioni gravi o di ricoveri ospedalieri nel gruppo del vaccino.
I dati
I dati sulla sicurezza pubblicati finora provengono da oltre 20 mila partecipanti arruolati in quattro studi clinici nel Regno Unito, in Brasile e in Sudafrica. La pubblicazione Lancet ha confermato che l’AZD1222 è stato ben tollerato e che non sono stati confermati gravi eventi di sicurezza relativi al vaccino. I partecipanti provenivano da diversi gruppi razziali e geografici, sani o con condizioni mediche di base stabili.
Oltre al programma guidato dall’Università di Oxford, AstraZeneca sta conducendo un ampio studio negli Stati Uniti e in tutto il mondo. In totale, l’Università di Oxford e AstraZeneca prevedono di arruolare progressivamente fino a 60.000 partecipanti a livello globale. Per produrre il vaccino nelle quantità necessarie alla sperimentazione, AstraZeneca aveva fatto affidamento su alcune aziende esterne. Una di queste, la Advent, che ha sede a Pomezia, per misurare l’esatta quantità delle particelle virali nel nuovo vaccino si era affidata alla PCR quantitativa, un metodo che in estrema sintesi permette l’analisi di una sostanza amplificando il suo DNA. A Oxford, però, fino a quel momento avevano usato una tecnica di misurazione diversa, che prevedeva l’utilizzo dei raggi ultravioletti.
Una volta ricevute le dosi di vaccino da Advent – il lotto era identificato col numero di serie K.0011 – gli scienziati di Oxford avevano ritenuto che la concentrazione delle particelle virali fosse eccessiva, pensando ci fosse stato un errore di calcolo nei dosaggi da parte del produttore. A quel punto avevano chiesto e ottenuto dalla MHRA di somministrare a poche centinaia di persone un dosaggio minore del vaccino prodotto da Advent, per ridurre i rischi e nel frattempo non interrompere la fase di sperimentazione: mezza dose per la prima iniezione, e una dose intera per la seconda. La MHRA aveva dato il proprio consenso e il vaccino con il dosaggio dimezzato era stato somministrato a 1.367 persone, come attestato da un emendamento sulla sperimentazione del vaccino pubblicato da AstraZeneca e Oxford sulla rivista scientifica The Lancet.
Alla fine di questa fase di sperimentazione gli scienziati di Oxford si sono accorti di avere sbagliato. Come spiega una lunga e dettagliata inchiesta pubblicata il 27 dicembre da Reuters sul vaccino AstraZeneca, «un comune emulsionante, il Polisorbato 80, usato nei vaccini per facilitare il mescolamento delle sostanze, aveva interferito col rilevatore a raggi ultravioletti che misura la quantità di particelle virali, come dimostrato dai documenti forniti a Lancet». Insomma: AstraZeneca aveva ridotto la quantità di particelle virali nel vaccino prodotto in Italia perché pensava fosse troppo concentrato; in realtà i calcoli degli esperti italiani erano esatti, e si era scoperto che alle 1.367 persone coinvolte era stata somministrata una dose di vaccino che conteneva circa 22 miliardi di particelle virali, meno della metà rispetto a una dose intera.
Inoltre, è emerso che il dosaggio ritenuto errato, cioè mezza dose a una prima iniezione e una dose intera a distanza di quattro settimane, risultava più efficace rispetto a quello standard, che prevedeva due dosi intere ed era stato somministrato a 4.440 persone. Il primo aveva un’efficacia intorno al 90 per cento, mentre il secondo intorno al 62 per cento, notevolmente più bassa.
In un’intervista data al New York Times a fine novembre, AstraZeneca ha definito «un errore utile» quello che aveva portato alla scoperta del dosaggio più efficace: altri scienziati coinvolti nel progetto hanno negato che sia stato un errore, e l’hanno definita una scelta consapevole (AstraZeneca ha preferito non commentare l’inchiesta di Reuters). L’aggiornamento pubblicato su Lancet sottolineava comunque come fossero necessari «maggiori approfondimenti per capire i meccanismi della superiore efficienza» del dosaggio inferiore a quello standard.
L’autorizzazione inglese
Un piccolo sottogruppo di 1.367 volontari ha ricevuto mezza dose e ha registrato un’efficacia maggiore rispetto alla dose intera. La UK Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA) ha fornito in data 30.12.2020 l’autorizzazione per la fornitura d’emergenza del vaccino COVID-19 AstraZeneca, precedentemente AZD1222, per l’immunizzazione attiva di individui di 18 anni o più. L’autorizzazione raccomanda l’impiego di due dosi piene somministrate con un intervallo di tempo compreso tra quattro e 12 settimane. Questo regime si è dimostrato sicuro ed efficace nella prevenzione dei sintomi del COVID-19, senza casi gravi e senza ricoveri ospedalieri più di 14 giorni dopo la seconda dose. Tuttavia, rimane un dubbio sul perché alla fine MHRA abbia scelto le due dosi piene e non mezza dose seguita da una dose piena.
Inoltre, nei risultati pubblicati sulla rivista Lancet compaiono due eventi avversi di mielite, un disturbo neurologico importante. AstraZeneca solamente in data 30 dicembre e a seguito di solleciti, ha presentato all’Ema i dati a supporto dalla richiesta di autorizzazione condizionata all’immissione in commercio. Qualora i dati presentati si rivelassero robusti, omogenei e di facile interpretazione, l’Agenzia potrebbe esprimersi in 30 giorni lavorativi.
I dubbi di Ema
In merito al freno ‘tirato’ nei giorni scorsi dal vicedirettore esecutivo dell’Ema Noel Wathion, che al quotidiano belga Het Nieuwsblad ha dichiarato che molto probabilmente l’Agenzia non sarà in grado di approvare a gennaio il vaccino sviluppato da università di Oxford e Irbm di Pomezia, e prodotto da AstraZeneca, non è un caso che il 29 dicembre il funzionario abbia fatto un’affermazione tanto perentoria chiedendo nuovi dati, e il giorno successivo l’azienda li abbia presentati.
Sulla base di quanto pubblicamente noto, EMA è perplessa a causa appunto della notevole disomogeneità di alcuni dati relativi in particolare al dosaggio da utilizzare per ottenere un’efficacia ottimale (una dose e mezza oppure due dosi piene), all’intervallo di tempo molto variabile (4-12 settimane) fra la prima e la seconda dose, e alle situazioni epidemiche eterogenee in cui il prodotto è stato testato.
Inoltre, mentre il Regno Unito deve approvare la produzione di una serie di lotti per un singolo Stato, l’EMA deve farlo per tutti gli Stati, anche per quelli che delegano completamente alle agenzie centrali. L’accelerazione UK è inoltre basata anche «sullo stato “acuto” dell’epidemia di Covid in Gran Bretagna, dove si stanno registrando oltre 50 mila nuovi casi quotidiani». Un quadro in cui, anche prendendo per buona la percentuale più bassa di efficacia dimostrata dal vaccino AstraZeneca negli studi clinici (intorno al 60% invece che intorno al 90%), il Paese ha probabilmente fretta di mettere in sicurezza almeno determinate categorie di popolazione. Presumibilmente la fascia “attiva”, considerando che il prodotto in questione funziona molto bene in una popolazione relativamente giovane (sotto i 55 anni).
Il dosaggio dimezzato non era ancora stato testato su persone di età superiore ai 55 anni – nessuno dei 1.367 era più anziano –; inoltre su Twitter lo scienziato dell’Imperial College di Londra Giorgio Gilestro ha ipotizzato che l’MHRA non se la sia sentita di autorizzare il dosaggio dimezzato per via delle poche persone coinvolte nella sperimentazione, a differenza di quello standard (l’MHRA non ha infatti ancora spiegato la decisione che ha lasciato tutto il mondo scientifico molto perplesso).
Per l’Unione Europea e l’Italia, in particolare, la mancata approvazione del vaccino di AstraZeneca in tempi brevi sarebbe un grosso problema: secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute il governo italiano aveva previsto di ricevere e somministrare entro giugno del 2021, 40,3 milioni di dosi del vaccino AstraZeneca, cioè poco meno della metà degli 85,4 milioni di dosi totali dei sei vaccini prenotati. Una fonte vicina alla sperimentazione statunitense del vaccino (distinta dalle altre effettuate, per via di un’interruzione in autunno) ha invece detto al Wall Street Journal che entro febbraio o inizio marzo arriveranno i risultati da presentare alla FDA. Quindi nessuna concessione per uso in emergenza fino ad aprile almeno.
Carlo Centemeri
Farmacologo Università di Padova
(Nella foto la sede londinese di Astra-Zeneca)
Fonti:
https://www.pharmastar.it/glossario/proteina-spike-294
https://www.pharmastar.it/glossario/intervallo-di-confidenza-251
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)32661-1/fulltext
https://www.japantimes.co.jp/news/2020/12/27/world/science-health-world/vaccine-oxford-astrazeneca-coronavirus/
https://www.nytimes.com/2020/11/25/business/coronavirus-vaccine-astrazeneca-oxford.html#:~:text=Pangalos%20described%20the%20error%20as,half%2Dstrength%20initial%20dose%20worked.
https://www.adnkronos.com/vaccino-astrazeneca-ema-improbabile-approvazione-a-gennaio_4Oh2UdekF6YeNHvONxPqoG
https://twitter.com/giorgiogilestro/status/1344245508546682880
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2986_allegato.pdf
https://www.wsj.com/articles/astrazeneca-and-oxfords-bumpy-partnership-hangs-over-covid-vaccines-future-11609336498
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