Prosegue il nostro viaggio nell’universo dei parassiti, quegli esseri viventi che vivono in simbiosi con un organismo ospite sfruttandolo a proprio esclusivo vantaggio. Oggi ci focalizzeremo sulle ripercussioni di tale relazione tossica.
Come descritto nell’articolo precedente, una volta raggiunto il bersaglio tramite contatto diretto, nascosto nel cibo o trasportato da un organismo vettore quali le zanzare, il parassita sfrutta l’ospite ottenendone protezione fisica, nutrimento e supporto nel ciclo riproduttivo. A seconda della coppia parassita-ospite in questione diversi possono essere gli effetti sull’ospite.
In alcuni casi esso va unicamente incontro ad un indebolimento energetico, non potendo più disporre della totalità dei nutrienti assunti tramite la dieta, adesso parzialmente sottratti dal parassita. Qualora invece il parassita non si limiti a rubare il cibo al proprio ospite, ma inizi a logorarne le barriere superficiali esterne e le cavità interne, intrufolandosi nei suoi tessuti o addirittura nelle sue cellule alla ricerca di maggior protezione e di un più intimo rapporto metabolico, ecco che il quadro si aggrava: la distruzione dell’architettura tissutale fisiologica può dar luogo ad una vera e propria patologia.
Se il sistema immunitario riesca a limitare l’azione del parassita o a debellarlo e se i meccanismi di riparo e di rigenerazione dei tessuti riescono a risolvere la lesione, l’ospite va incontro a guarigione. Viceversa, il parassita può generare un danno permanente.
Toxoplasma gondii
Emblematico è il caso di Toxoplasma gondii, responsabile della toxoplasmosi. L’uomo può entrare in contatto con questo protozoo in vari modi, tra i quali il consumo di carne cruda infetta. Una volta raggiunto l’intestino Toxoplasma gondii penetra la barriera intestinale infiltrandosi nel tessuto sottostante. A quel punto viene ingurgitato dai macrofagi, cellule del nostro sistema immunitario innato che non riescono però a distruggerlo, ma anzi lo trasportano con sé nel sangue e nei diversi organi che sorvegliano. Toxoplasma gondiiintanto prolifera all’interno dei macrofagi, che scoppiano non appena la situazione diventa insostenibile. I parassiti moltiplicatisi si ritrovano quindi liberi negli organi, pronti ad invaderli.
È in questa fase che il sistema immunitario viene allertato scatenando una risposta contro il parassita. In soggetti immunocompetenti la produzione di anticorpi specifici contro Toxoplasma gondii è in grado di tenere a bada l’avanzata del parassita, che si rintana in distretti quali muscoli e cervello rimanendo in uno stato di dormiveglia. Se però l’ospite è immunocompromesso (si pensi a chi si sottopone a terapia immunosoppressiva in seguito a trapianto), il sistema immunitario non è in grado di bloccare l’avanzata del parassita, che è libero di causare quei danni tissutali e infiammatori caratteristici dei casi più gravi di toxoplasmosi.
La relazione parassita-ospite
In altri casi, la relazione parassita-ospite può generare esiti ancora più estremi. Diversi insetti vittime di parassiti elminti sperimentano infatti la cosiddetta castrazione parassitaria: perdono la propria capacità riproduttiva in quanto le energie normalmente impiegate in questo processo vengono dirottate dal parassita per la propria crescita. Un altro scenario, anch’esso caratteristico dell’universo degli insetti, è il parassitoidismo: una volta infettato dal parassita l’ospite non soltanto perde la propria capacità riproduttiva, ma va incontro a morte certa. In una prima fase un parassitoide adulto installa le proprie uova sulla superficie o all’interno dell’ospite. La larva inizia così a sottrare all’ospite nutrienti ed energie necessarie per crescere.
Una volta passato dallo stadio larvale ad uno più maturo, il parassitoide pronto per una vita indipendente fuoriesce dall’ospite uccidendolo, talvolta dopo averlo divorato dall’interno. Proprio come il protagonista di Alien, film da cui siamo partiti nell’articolo precedente.

Un ospite che non sta a guardare
Se quanto descritto sinora potrebbe avervi dato l’impressione che l’ospite si comporti da vittima inerme dinnanzi all’invasione del parassita, le cose non stanno del tutto così. Da sempre nella storia della Vita la minaccia dei parassiti spinge l’ospite ad evolvere contromisure sempre più efficaci. Le piante ad esempio avvertono la presenza dei parassiti tramite dei recettori presenti sulle proprie cellule e reagiscono rilasciando sostanze chimiche tossiche per l’invasore.
Gli insetti invece provano generalmente a rimuovere i parassiti fisicamente, ad esempio distruggendone le uova. Meno dirette e più sofisticate sono invece le strategie messe a punto dai vertebrati. La prima difesa che questi contrappongono al parassita è la pelle, una vera e propria barriera fisica che li riveste e che in alcuni casi secerne sostanze antimicrobiche, come quelle presenti nel sebo umano.
Alcuni parassiti, come quelli del genere Plasmodium evadono questo primo ostacolo sfruttando vettori quali la puntura delle zanzare; altri ancora entrano nella cavità orale annidandosi nel cibo. A questo livello devono però vedersela con la saliva, liquido contenente sostanze antimicrobiche quali il lisozima, in grado di distruggere la parete cellulare dei batteri. Procedendo lungo l’apparato digerente, i parassiti sopravvissuti si imbattono poi nell’ambiente fortemente acido dello stomaco.
Per chi resiste anche a questo si aprono le porte dell’intestino. Qui alcuni parassiti riescono a superare la barriera intestinale ed invadono il tessuto stromale sottostante, a contatto con il flusso sanguigno tramite il quale possono raggiungere gli altri organi.
A questo punto all’ospite rimangono le ultime due cartucce da sparare, eppure molto potenti: il sistema immunitario innato, più ancestrale e a largo spettro, ed il sistema immunitario acquisito, più recente, caratterizzato dalla produzione di linfociti ed anticorpi altamente specifici per il parassita in questione. L’esito di questa ultima battaglia determinerà il vincitore della guerra.
Una convivenza pacifica è possibile?
Una relazione tossica con il proprio ospite è intrinseca nella definizione stessa di parassita. Ciò però non esclude che con il tempo le cose possano cambiare: come in certi thriller dal retrogusto romantico la morbosità che intercorre tra due nemici può trasformare il conflitto in una storia d’amore.
Se inizialmente l’arrivo di un nuovo parassita può generare effetti devastanti nell’ospite, con il passare del tempo questi può talvolta adattarsi alla presenza del parassita e viceversa il parassita può imparare a trarre vantaggio dall’ospite senza più danneggiarlo o addirittura fornendogli qualcosa di utile in cambio. Ecco che la relazione di simbiosi da parassitaria si trasforma in mutualistica.
Dopotutto anche per il parassita è più conveniente mantenere in un buono stato di salute il proprio ospite e goderne il più a lungo possibile, piuttosto che ucciderlo e dover andare periodicamente a caccia di un nuovo organismo da sfruttare. Il complesso processo di adattamento tra l’ospite e il parassita può necessitare di diverso tempo. Ma anche nella biologia, come nella fantasia, esiste spesso il lieto fine.
Alessandra Migliara
Fonti:
Parassitologia medica illustrata. Gabriella Cancrini. Edra(2017)
An Introduction to Parasitology. Matthews BE. Cambridge University Press (2008)
Per sostenere Medical Facts tramite Gofundme clicca qui, per sostenerci tramite PayPal clicca qui.